Con l’ordinanza 21048 del 24 luglio 2025, la Corte di Cassazione interviene su un profilo fondamentale della disciplina del sovraindebitamento: il rapporto tra la condotta del consumatore che ha generato la crisi e la negligenza del finanziatore nella valutazione del merito creditizio.
Un chiarimento rilevante, riportato da giuricivile.it, che contribuisce a definire con maggiore precisione l’applicazione dell’art. 69 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.
La Suprema Corte afferma senza ambiguità che non esiste alcun automatismo tra:
colpa grave, malafede o frode del debitore nella formazione del sovraindebitamento,
mancato rispetto da parte dell’istituto finanziatore degli obblighi di valutazione ex art. 124-bis TUB.
Si tratta di piani distinti, con funzioni e finalità differenti.
La violazione del merito creditizio da parte della banca non neutralizza la responsabilità del consumatore nella creazione della propria esposizione debitoria.
Una consumatrice aveva ottenuto dal Tribunale di Napoli l’omologazione della procedura di ristrutturazione dei debiti.
Un creditore contestava però la presenza di colpa grave, e la Corte d’Appello di Napoli accoglieva il reclamo, revocando la decisione e aprendo la liquidazione controllata.
La debitrice sosteneva che:
la valutazione della colpa fosse stata erronea;
la negligenza della banca dovesse incidere;
la sua qualifica di consumatore non fosse stata correttamente considerata.
La Cassazione, tuttavia, conferma integralmente la decisione della Corte d’Appello.
La pronuncia ricorda che il concetto di “meritevolezza” apparteneva alla normativa precedente e non è più rilevante.
Oggi il giudice deve verificare solo se il sovraindebitamento sia stato determinato dal debitore con:
colpa grave,
malafede,
frode.
È una valutazione di merito, insindacabile in sede di legittimità.
La Corte sottolinea che l’art. 124-bis TUB opera su un livello diverso: tutela il consumatore nel rapporto negoziale con il finanziatore, ma non incide sul giudizio ex art. 69 CCII.
La mancata valutazione del merito creditizio della banca, dunque:
non attenua la colpa del debitore,
non impedisce l’accertamento della colpa grave,
non influisce sui requisiti di accesso alla procedura.
Secondo l’art. 69, comma 2, CCII, il creditore che abbia violato i propri obblighi:
non può opporsi per motivi di convenienza economica,
può invece contestare l’ammissibilità della procedura, i requisiti soggettivi od oggettivi e i vizi di legittimità.
Nel caso esaminato, la Cassazione conferma che il reclamo del creditore fosse pienamente ammissibile perché mirato ad accertare la colpa grave del debitore.
La decisione ribadisce che la qualifica di consumatore deriva dalla finalità non professionale dell’operazione, non dal livello di istruzione o esperienza finanziaria del soggetto.
La Corte sintetizza alcuni criteri ormai fondamentali:
la colpa grave del debitore preclude l’accesso alla procedura di ristrutturazione;
la violazione del merito creditizio da parte della banca rimane un profilo autonomo;
il creditore colpevole non perde la possibilità di contestare l’ammissibilità;
la qualifica di consumatore è indipendente dalle capacità culturali;
i due sistemi — art. 69 CCII e art. 124-bis TUB — operano su logiche differenti.
L’ordinanza n. 21048/2025 offre un modello interpretativo chiaro e rigoroso:
rafforza il carattere selettivo della disciplina,
limita letture espansive della tutela consumeristica,
stabilisce l’autonomia dei due piani di responsabilità,
restituisce coerenza alla finalità del sovraindebitamento.
Una decisione destinata ad avere impatto su OCC, avvocati e magistrati, offrendo un tracciato solido per valutare le condotte che hanno originato la crisi debitoria.